lunedì 18 marzo 2019

LA PESTE A NERVIANO

Nerviano, Anno Domini 1630, è un torrido giorno del mese di luglio in un’estate tremenda, alla fine della quale la popolazione del borgo adagiato sulle rive dell’Olona si troverà decimata a causa del terribile morbo che sta devastando l’intero Ducato di Milano. Batta de Silvestri sta percorrendo la strada che collega la cascina Zancona con il paese, conducendo il carretto col quale compie il suo mesto compito di monatto. L’aria è pesante e la contrada che precede la piazza grande appare completamente spopolata, porte e imposte sono sbarrate, nell'inutile tentativo di tenere il contagio fuori dalle case… sul pianale, avvolto in un lenzuolo, il corpo della giovane Antonia nipote di Marcantonio Cogliati, valente fabbro ferraio. Avrebbe compiuto i quattordici anni a settembre. Il carretto imbocca lentamente la polverosa piazza, costeggia la Chiesa di San Vito col suo portico della Comunità per i Pubblici Convocati e Consigli, ora desolatamente deserta e prosegue verso il fiume. Fatta una doppia curva e lasciata sulla destra la Casa del fornaio attraversa l’angusto ponte sull'Olona procedendo rasente all'imponente fabbricato del Monastero dei Padri Olivetani. Qui la strada si allarga in un bivio: a destra si va per Parabiago, mentre in fondo, al limitare dell’abitato distante circa 350 cubiti, si scorge l’edicola che ospita la dolce immagine dell’Annunciata. Lasciata alle spalle la chiesa di Santa Maria Incoronata il carretto svolta a sinistra, percorrendo il breve tratto che porta alla Chiesa della Ceriola, senza incrociare anima viva, men che meno un monaco che benedica l’ultimo viaggio della giovinetta.

La piazzetta che precede il Pasquè, solitamente animata dall'allegro chiasso dei bambini e dai villici intenti alle loro faccende appare sinistramente silenziosa: quel silenzio che accompagna quotidianamente Batta de Silvestri nel suo lavoro. Le case si diradano ed ora il sentiero permette solo il passaggio del carretto: il frinire dei grilli fa da sottofondo al rumore degli zoccoli del cavallo che procede stancamente costeggiando la roggia molinara del mulino dei signori Crivelli, di fronte al quale si staglia la Corte della Borlanda. Ancora un tratto di strada e poi l’ultimo sforzo: l’attraversamento del guado per attraversare nuovamente il fiume e giungere in prossimità delle capanne che ospitano gli ammalati di peste.
Qui il monatto, aiutato da un volenteroso, depone con delicatezza la salma in una delle fosse comuni che accolgono ogni giorno i morti per il contagio. Un sacerdote recita frettolosamente una preghiera impartendo la benedizione, dopo di che Batta de Silvestri torna pian piano verso il paese.
Abbiamo accompagnato, con l’aiuto dell’immaginazione, l’ultimo viaggio di una delle tante vittime del tremendo morbo che in pochi mesi, nell'estate del 1630, arrivò a ridurre la popolazione di Nerviano da circa 1750 abitanti a poco più di 1000.
Quella che vorremmo raccontare, a questo punto, è la storia per secoli dimenticata di un sacerdote di quel tempo, utilizzando però non l’immaginazione bensì i documenti che recentemente sono stati rinvenuti nell'archivio parrocchiale della Prepositurale di Santo Stefano durante le operazioni di digitalizzazione del materiale cartaceo.
Il nome di questo sacerdote era Giovanni Francesco Sonnio e il suo tempo è stato quello della peste. Quest’uomo nacque a Cuggiono intorno al 1560; resse dal 1602 fino al 1630 la Pieve di Nerviano e della sua vita sappiamo quello che ci tramandano poche pagine redatte in una visita pastorale del 1621, dalle quali si ricava una sorta di antico curriculum: persona colta, protonotario apostolico, latinista e letterato.
Di lui si sapeva poco così come scarse erano le notizie su ciò che avvenne al tempo in cui morì. Si pensava infatti che i documenti fossero andati persi e che la cronistoria di quel flagello e di quel periodo fosse svanita, coperta dalla polvere dei secoli: della peste raccontata dal Manzoni avevamo solo poche informazioni, qualche sporadica riga a margine di un registro e nulla più.
Una giornata di marzo di quest’anno, però, mentre ci si accingeva al lavoro sulla parte seicentesca degli archivi della Prepositurale, nello sfogliare un registro, sono apparse le pagine scritte di pugno dal sacerdote che raccontavano la cronaca di quel terribile tempo!
Nel 1630 Giovanni Francesco Sonnio aveva circa 70 anni, quindi era ormai al crepuscolo della sua vita, considerato che a quell'età solitamente si veniva definiti decrepiti. In questo caso sappiamo che il tempo era stato benevolo con lui, infatti celebrava messa regolarmente, impartiva i sacramenti e compiva l’opera di guidare la Pieve di Nerviano senta troppe fatiche malgrado l’età.
Archivio Prepositurale Nerviano
Effemeridi Cart.1 Lib. 2
Funerali e uffici 1626 - 1636
Autografo del Prevosto Sonnio
del primo caso di contagio in Nerviano
La prima notizia che ci viene data sulla comparsa della peste nel nostro paese è una nota porta dal Sonnio a metà della prima pagina di un registro che riportava le celebrazioni e i funerali dal 1626 al 1636: sotto a una nota del 1626, in posizione anomala, troviamo in una scrittura malferma: “Addì 25 giugno 1630, muore colpita da contagio una certa (il nome è difficile da decifrare) di Jacomo, …moglie di Ludovici… detto pennini la quale insieme a detti familiari venne da Milano infetta a Garbatola (Midiolano infecta Garbatulam) e qui infettarono il luogo (ubique locum inficerunt)”.
Il documento è sorprendente, in quanto ci informa precisamente della modalità con la quale si è diffuso il morbo nel nostro territorio: attraverso una famiglia sfollata da Milano per sfuggire dal tremendo flagello che la stava devastando già dal 1629.
Chiesa del Lazzaretto.
Affresco esterno sulla facciata a sinistra.
La consegna del cibo agli appestati
presso il Lazzaretto.
Dalle pagine riportate alla nostra attenzione dopo secoli ricaviamo altre importanti informazioni, come la nota dell’8 luglio 1630, allorquando Pietro Bugatti perito per aver contratto il morbo della peste, non venne sepolto nel cimitero ma ebbe le esequie in un luogo profano, vicino al fiume Olona accanto alle capanne, in una località denominata “Margiriola”: quindi nell’immediata manifestazione del contagio i Commissari di Sanità avevano provveduto a far attrezzare la zona ove successivamente sorse la Chiesa del Lazzaretto con delle “gabanne” e un’area per l’inumazione delle vittime del morbo.
Ormai la peste non risparmia nessuno: l’intero Ducato ne viene sconvolto e chi si trova a viaggiare può esserne colpito o diventare esso stesso veicolo di contagio: il 15 luglio un viandante che veniva dalla Valsesia e si recava a Milano muore dopo essere stato trovato agonizzante poco fuori Nerviano.
Dai documenti rinvenuti abbiamo contezza dell’esistenza di un “cimitero per gli apistati morti” anche a Garbatola, dietro la Chiesa dei Santi Biagio e Francesco, infatti una nota del 9 agosto ne attesta la benedizione.
L’11 agosto viene impartita la Benedizione al cimitero dei morti appestati fuori di Nerviano “dietro il fiume Olona” ed è questo il periodo di maggior virulenza del morbo, talchè il Prevosto Sonnio annota: “Addì 15 Solennità di Nostra Signora Vergine Assunta celebrai alle Gabanne del Lazzaretto e la sera benedissi la croce ivi eretta e messo il cero dell’Agnus Dei benedetto da Pio V”.
L’intero clero nervianese perisce nell’arco di due soli mesi: il Cappellano della Ceriola, Padre Vincenzo Gavarino muore il 23 luglio; l’ultimo giorno di luglio il reverendo Pietro Girlo Canonico Coadiutore di Nerviano; il 17 agosto Guglielmo Locati Canonico della Cassina del Pe’.
Notizie inedite, nascoste fra pagine ingiallite, così come per il parroco Sonnio, sulla cui sorte non si sapeva nulla, né di quale fosse stata la sua fine né dove fosse stato seppellito.
Archivio Prepositurale Nerviano
Antico 4 - Libro Battesimi 1611 - 1633
Memoria autografa del Frate
Bonaventura Redaelli
circa la morte del Prevosto Sonnio
Ma nell’ultima pagina del volume, scritta dal successore Frate Bonaventura Redaelli – inviato a Nerviano dal Monastero di Sant’Angelo in Legnano -, troviamo una nota che getta nuova luce sugli ultimi suoi giorni: “A dì 21 agosto 1630 in mercoledì morse il Plebano Francesco Sonnio Preposito di Nerviano infetto di peste visitato infermo et confessato dal Reverendo Pietro Martinolo Curato di Poliano il quale gli chiese anco se havesse bisogno d’altro nella sua infirmità contagiosa ma ello rispose che non ricercava altro; se non che pregasse Dio per lui. Fu sepolto nell’atrio della chiesa distante da detta cubiti ventiquattro presso il suo Coadiutore et fra due altri sacerdoti morti di peste”.
Questa è la storia dei nostri avi e di un sacerdote che ormai anziano ha dato la vita per portare conforto al suo gregge, dando ai propri parrocchiani l’unica speranza che poteva: la fede.
Dai suoi scritti non esce mai un lamento, mai una considerazione negativa, mai un tentennamento: sapeva bene che quella era l’unica via, la più giusta e la percorse diritta sino alla sua fine.
Ogni giorno Giovanni Francesco Sonnio annotava i nomi dei morti: nomi di persone che come le foglie cadute erano state calate nella terra senza lasciare memoria.
Delle centinaia di vittime che il morbo falciò a Nerviano questo è solo un piccolo stralcio di un giorno di agosto del 1630, che diventa uno spaccato dell’esistenza di quel tempo: “[…] Rocco Maietta, Bianca figlia del suddetto, Lucia sua figlia, Gasparino Pedretto e Barbara sua cugina, Giacomo de Cozzi, Pedrino e Rosina, Angela figlia di Paolo Musazzo, Paolina Bosotti, Bartolomeo figlio di Melchiorre Crivelli, Vincenzo Callegaro, Angelo Callegaro della Cassina del Pe’[…].”
Chiesa del Lazzaretto
Iscrizione attribuita al Prevosto
Agostino Terzaghi
posta sul portone d'ingresso.
Anni dopo – per volontà della popolazione - fu edificata nel terreno dove erano le “gabanne” una chiesa: quella di San Gregorio al Lazzaretto, per mantenere la memoria del flagello della Peste. Ricordo che ora rinnoviamo, così che si possa guardare con occhi diversi la chiesa del Lazzaretto e magari – soffermandosi come invita la lapide sopra l’ingresso della chiesa – si rivolga un pensiero ai nostri avi che ivi riposano e per il Sacerdote che tenne conforto in quei tempi tremendi ove la morte circondava ogni cosa.

Paolo Musazzi
Aldo Bosotti
Sergio Parini


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