Nerviano, Anno Domini 1630, è un torrido giorno del
mese di luglio in un’estate tremenda, alla fine della quale la popolazione del
borgo adagiato sulle rive dell’Olona si troverà decimata a causa del terribile
morbo che sta devastando l’intero Ducato di Milano. Batta de Silvestri sta
percorrendo la strada che collega la cascina Zancona con il paese, conducendo
il carretto col quale compie il suo mesto compito di monatto. L’aria è pesante
e la contrada che precede la piazza grande appare completamente spopolata,
porte e imposte sono sbarrate, nell'inutile tentativo di tenere il contagio
fuori dalle case… sul pianale, avvolto in un lenzuolo, il corpo della giovane
Antonia nipote di Marcantonio Cogliati, valente fabbro ferraio. Avrebbe
compiuto i quattordici anni a settembre. Il carretto imbocca lentamente la
polverosa piazza, costeggia la Chiesa di San Vito col suo portico della
Comunità per i Pubblici Convocati e Consigli, ora desolatamente deserta e
prosegue verso il fiume. Fatta una doppia curva e lasciata sulla destra la Casa
del fornaio attraversa l’angusto ponte sull'Olona procedendo rasente all'imponente
fabbricato del Monastero dei Padri Olivetani. Qui la strada si allarga in un
bivio: a destra si va per Parabiago, mentre in fondo, al limitare dell’abitato
distante circa 350 cubiti, si scorge l’edicola che ospita la dolce immagine
dell’Annunciata. Lasciata alle spalle la chiesa di Santa Maria Incoronata il
carretto svolta a sinistra, percorrendo il breve tratto che porta alla Chiesa della
Ceriola, senza incrociare anima viva, men che meno un monaco che benedica l’ultimo
viaggio della giovinetta.
La piazzetta che precede il
Pasquè, solitamente animata dall'allegro chiasso dei bambini e dai villici
intenti alle loro faccende appare sinistramente silenziosa: quel silenzio che
accompagna quotidianamente Batta de Silvestri nel suo lavoro. Le case si
diradano ed ora il sentiero permette solo il passaggio del carretto: il frinire
dei grilli fa da sottofondo al rumore degli zoccoli del cavallo che procede
stancamente costeggiando la roggia molinara del mulino dei signori Crivelli, di
fronte al quale si staglia la Corte della Borlanda. Ancora un tratto di strada
e poi l’ultimo sforzo: l’attraversamento del guado per attraversare nuovamente
il fiume e giungere in prossimità delle capanne che ospitano gli ammalati di
peste.
Abbiamo accompagnato, con l’aiuto
dell’immaginazione, l’ultimo viaggio di una delle tante vittime del tremendo
morbo che in pochi mesi, nell'estate del 1630, arrivò a ridurre la popolazione
di Nerviano da circa 1750 abitanti a poco più di 1000.
Quella che vorremmo raccontare,
a questo punto, è la storia per secoli dimenticata di un sacerdote di quel
tempo, utilizzando però non l’immaginazione bensì i documenti che recentemente
sono stati rinvenuti nell'archivio parrocchiale della Prepositurale di Santo
Stefano durante le operazioni di digitalizzazione del materiale cartaceo.
Il nome di questo sacerdote era
Giovanni Francesco Sonnio e il suo tempo è stato quello della peste. Quest’uomo
nacque a Cuggiono intorno al 1560; resse dal 1602 fino al 1630 la Pieve di
Nerviano e della sua vita sappiamo quello che ci tramandano poche pagine
redatte in una visita pastorale del 1621, dalle quali si ricava una sorta di
antico curriculum: persona colta, protonotario apostolico, latinista e letterato.
Di lui si sapeva poco così come
scarse erano le notizie su ciò che avvenne al tempo in cui morì. Si pensava
infatti che i documenti fossero andati persi e che la cronistoria di quel
flagello e di quel periodo fosse svanita, coperta dalla polvere dei secoli:
della peste raccontata dal Manzoni avevamo solo poche informazioni, qualche
sporadica riga a margine di un registro e nulla più.
Una giornata di marzo di quest’anno,
però, mentre ci si accingeva al lavoro sulla parte seicentesca degli archivi
della Prepositurale, nello sfogliare un registro, sono apparse le pagine
scritte di pugno dal sacerdote che raccontavano la cronaca di quel terribile
tempo!
Nel 1630 Giovanni Francesco Sonnio
aveva circa 70 anni, quindi era ormai al crepuscolo della sua vita, considerato
che a quell'età solitamente si veniva definiti decrepiti. In questo caso sappiamo che il tempo era stato benevolo
con lui, infatti celebrava messa regolarmente, impartiva i sacramenti e compiva
l’opera di guidare la Pieve di Nerviano senta troppe fatiche malgrado l’età.
Archivio Prepositurale Nerviano Effemeridi Cart.1 Lib. 2 Funerali e uffici 1626 - 1636 Autografo del Prevosto Sonnio del primo caso di contagio in Nerviano |
La prima notizia che ci viene
data sulla comparsa della peste nel nostro paese è una nota porta dal Sonnio a
metà della prima pagina di un registro che riportava le celebrazioni e i
funerali dal 1626 al 1636: sotto a una nota del 1626, in posizione anomala,
troviamo in una scrittura malferma: “Addì
25 giugno 1630, muore colpita da contagio una certa (il nome è difficile da
decifrare) di Jacomo, …moglie di Ludovici… detto pennini la quale insieme a
detti familiari venne da Milano infetta a Garbatola (Midiolano infecta
Garbatulam) e qui infettarono il luogo (ubique locum inficerunt)”.
Il documento è sorprendente, in
quanto ci informa precisamente della modalità con la quale si è diffuso il
morbo nel nostro territorio: attraverso una famiglia sfollata da Milano per
sfuggire dal tremendo flagello che la stava devastando già dal 1629.
Chiesa del Lazzaretto. Affresco esterno sulla facciata a sinistra. La consegna del cibo agli appestati presso il Lazzaretto. |
Dalle pagine riportate alla
nostra attenzione dopo secoli ricaviamo altre importanti informazioni, come la
nota dell’8 luglio 1630, allorquando Pietro Bugatti perito per aver contratto
il morbo della peste, non venne sepolto nel cimitero ma ebbe le esequie in un
luogo profano, vicino al fiume Olona accanto alle capanne, in una località
denominata “Margiriola”: quindi nell’immediata
manifestazione del contagio i Commissari di Sanità avevano provveduto a far
attrezzare la zona ove successivamente sorse la Chiesa del Lazzaretto con delle
“gabanne” e un’area per l’inumazione
delle vittime del morbo.
Ormai la peste non risparmia
nessuno: l’intero Ducato ne viene sconvolto e chi si trova a viaggiare può
esserne colpito o diventare esso stesso veicolo di contagio: il 15 luglio un
viandante che veniva dalla Valsesia e si recava a Milano muore dopo essere stato
trovato agonizzante poco fuori Nerviano.
Dai documenti rinvenuti abbiamo
contezza dell’esistenza di un “cimitero
per gli apistati morti” anche a Garbatola, dietro la Chiesa dei Santi
Biagio e Francesco, infatti una nota del 9 agosto ne attesta la benedizione.
L’11 agosto viene impartita la
Benedizione al cimitero dei morti appestati fuori di Nerviano “dietro il fiume
Olona” ed è questo il periodo di maggior virulenza del morbo, talchè il
Prevosto Sonnio annota: “Addì 15
Solennità di Nostra Signora Vergine Assunta celebrai alle Gabanne del
Lazzaretto e la sera benedissi la croce ivi eretta e messo il cero dell’Agnus
Dei benedetto da Pio V”.
L’intero clero nervianese
perisce nell’arco di due soli mesi: il Cappellano della Ceriola, Padre Vincenzo
Gavarino muore il 23 luglio; l’ultimo giorno di luglio il reverendo Pietro
Girlo Canonico Coadiutore di Nerviano; il 17 agosto Guglielmo Locati Canonico
della Cassina del Pe’.
Notizie inedite, nascoste fra
pagine ingiallite, così come per il parroco Sonnio, sulla cui sorte non si
sapeva nulla, né di quale fosse stata la sua fine né dove fosse stato seppellito.
Archivio Prepositurale Nerviano Antico 4 - Libro Battesimi 1611 - 1633 Memoria autografa del Frate Bonaventura Redaelli circa la morte del Prevosto Sonnio |
Ma nell’ultima pagina del
volume, scritta dal successore Frate Bonaventura Redaelli – inviato a Nerviano
dal Monastero di Sant’Angelo in Legnano -, troviamo una nota che getta nuova
luce sugli ultimi suoi giorni: “A dì 21
agosto 1630 in mercoledì morse il Plebano Francesco Sonnio Preposito di
Nerviano infetto di peste visitato infermo et confessato dal Reverendo Pietro
Martinolo Curato di Poliano il quale gli chiese anco se havesse bisogno d’altro
nella sua infirmità contagiosa ma ello rispose che non ricercava altro; se non
che pregasse Dio per lui. Fu sepolto nell’atrio della chiesa distante da detta
cubiti ventiquattro presso il suo Coadiutore et fra due altri sacerdoti morti
di peste”.
Questa è la storia dei nostri
avi e di un sacerdote che ormai anziano ha dato la vita per portare conforto al
suo gregge, dando ai propri parrocchiani l’unica speranza che poteva: la fede.
Dai suoi scritti non esce mai un
lamento, mai una considerazione negativa, mai un tentennamento: sapeva bene che
quella era l’unica via, la più giusta e la percorse diritta sino alla sua fine.
Ogni giorno Giovanni Francesco
Sonnio annotava i nomi dei morti: nomi di persone che come le foglie cadute
erano state calate nella terra senza lasciare memoria.
Delle centinaia di vittime che
il morbo falciò a Nerviano questo è solo un piccolo stralcio di un giorno di
agosto del 1630, che diventa uno spaccato dell’esistenza di quel tempo: “[…] Rocco
Maietta, Bianca figlia del suddetto, Lucia sua figlia, Gasparino Pedretto e
Barbara sua cugina, Giacomo de Cozzi, Pedrino e Rosina, Angela figlia di Paolo
Musazzo, Paolina Bosotti, Bartolomeo figlio di Melchiorre Crivelli, Vincenzo
Callegaro, Angelo Callegaro della Cassina del Pe’[…].”
Chiesa del Lazzaretto Iscrizione attribuita al Prevosto Agostino Terzaghi posta sul portone d'ingresso. |
Anni dopo – per volontà della
popolazione - fu edificata nel terreno dove erano le “gabanne” una chiesa: quella di San Gregorio al Lazzaretto, per
mantenere la memoria del flagello della Peste. Ricordo che ora rinnoviamo, così
che si possa guardare con occhi diversi la chiesa del Lazzaretto e magari –
soffermandosi come invita la lapide sopra l’ingresso della chiesa – si rivolga
un pensiero ai nostri avi che ivi riposano e per il Sacerdote che tenne conforto
in quei tempi tremendi ove la morte circondava ogni cosa.
Paolo Musazzi
Aldo Bosotti
Sergio Parini
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Bravi bello peccato non ho face book
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