sabato 16 marzo 2019

La Vergine Incoronata o gli Olivetani in Nerviano di Michele Caffi

Proponiamo la descrizione del Monastero degli Olivetani di Nerviano realizzata nel 1844 da Michele Caffi (1814 - 1894), giudice milanese e appassionato studioso di storia locale.



La Vergine Incoronata o gli Olivetani in Nerviano
In età cadente erasi ridotto a vivere in Nerviano, terra del milanese, il conte Ugolino Crivelli. Un solo figlio egli aveva, per nome Antonio, cui teneramente amava, e cui, creato già cavaliere, pensava ad esaltare con ogni maniera di onorificenze, di studii, con isplendide nozze. Ugolino, dato da molti anni alla pietà, passava lunga parte del giorno in religiose esercitazioni. Quando in una notte egli sogna l’apparizione della Vergine che a lui impone d’innalzare un tempio. Si agita all’idea della grande spesa che sarebbe a costargli l’esecuzione del comando, all’idea della diminuzione che ne verrebbe alle sue dovizie, per cui non rimarrà il figlio così agiato come avrebbe voluto; lo atterrisce d’altra parte il pensiero di provocare contro di sé, se non avesse obbedito, l’ira celeste. Mentre dubita che fare, sogna altra apparizione della Vergine, non più come prima, bianco vestita e tutta irradiata di gloria, non più seduta sovra un colle fiancheggiato a destra e a sinistra da ramuscelli di olivo: (candidissimis vestibus amicta, montiloque hinc et inde a dextris et a sinistris olivarum ramulos habenti insidens) ma turbata e minacciosa nell’aspetto; ed ode ripetersi il comando di prima. Corre egli alla chiesa di Nerviano intitolata a santo Stefano, fa dipingere sovra una di quelle sacre pareti la visione avuta, ordina la celebrazione di pii uffici per placare la collera celeste, ed allontanare la spaventosa apparizione. Ma invano: ripetesi il sogno, ed ode pronunciarsi dalla Vergine la minaccia dell’imminente morte del di lui figlio. Il triste presagio indi a pochi giorni si avvera. Misero Ugolino! Dopo essersi per lungo tempo abbandonato al più profondo dolore, scosso quasi da letargo, chiamati a sé il priore e tre monaci degli Olivetani di Baggio nella diocesi milanese, ad essi dona tutti i suoi poderi in Nerviano, perché qui sorgano una chiesa ed un chiostro del loro ordine sotto l’invocazione di Maria.
                Il fatto avvenne nel 1465 ed è descritto in una bella pergamena che si conserva tuttora. Ugolino vi sopravvisse ancora tre anni, e scrisse nel suo testamento erede anche del rimanente suo patrimonio il nuovo monastero di Nerviano, che venne così a conseguire un largo censo, accresciuto poi in appresso da altre elargizioni.
                La fabbrica eretta per cura dei Crivelli riuscì assai bella e sufficientemente vasta. La chiesa, in ispezialità, dal fondatore intitolata a Santa Maria Coronata, e costrutta secondo le norme di quell’architettura che alla fine del secolo XV segnava i più sicuri passi al risorgimento dell’arte, faceva bella mostra, come la fa ancora quella porzione di essa che pure rimane in piedi, quasi per miracolo scampata alla rovina che nel secolo delle arti e delle memorie tanti avvolse di quegli insigni monumenti, i quali dobbiamo alle virtù od alle colpe de’ nostri maggiori, o come frutto di quelle o in espiazione di queste.
                La facciata conserva ancora l’antica sua tinta rossa, e a’ due lati veggionsi dipinte sul muro da non imperita mano le figure de’ santi Benedetto e Scolastica. Sulla porta di gusto semplice ed elegante vedesi un resto di buona pittura a fresco rappresentante l’Eterno Padre che cince di corona la Vergine assunta, e sotto di essa leggesi un motto latino inciso sulla pietra, che così suona in italiano.
                “Di voi ch’entrate in queste soglie reggerò i passi, favorirò gli studii, e con voi in questo luogo fermerò abitazione”.
                Nell’interno della chiesa, ch’era in una sola nave, conteneva otto cappelle oltre la maggiore. L’altare di quest’ultima era ornato di un insigne dipinto rappresentante l’Assunzione della Vergine; dipinto che passò, non ha molti anni nell’Accademia delle Belle Arti in Milano. Nella cappella di Santa Maria, un Lodrisio Visconte avea pattuito fin dall’anno 1522 coi monaci un sepolcro per sé e per la moglie, ed una lapide che lo ricordasse.
                Quella del Crocifisso conservava il monumento di un altro Crivelli, benefattore di questo tempio, cioè del senatore Luchino: monumento che fu poi non ha guari trasportato nella casa in Nerviano al numero 60. In esso leggesi in idioma in latino:
                “A Luchino, figlio di Pietro Crivelli, giureconsulto, cavaliere aurato, senatore, rettore dell’Università di Pavia, governatore, legato agli Svizzeri per Lodovico, Massimiliano e Francesco II duchi; della patria difensore e conservatore zelantissimo; illustre nella toga e nelle armi; affinchè di tanto cittadino la dolce memoria presso i suoi conterranei non perisse, la moglie Maddalena Brasca, madre e tutrice di Pierfrancesco Crivelli, piccolo ed unico figlio, pose questo monumento. 1535, 22 maggio”.
                Luchino avea nel suo testamento instituita usufruttuaria la moglie ed erede il figlio, il quale contava alla di lui morte soltanto un anno e mezzo di età, sostituendo a quest’ultimo, pel caso che non avesse lasciati dietro di sé eredi legittimi, il monastero di Santa Maria Coronata di Nerviano. Pierfrancesco, nell’anno 1550, si rese reo di omicidio e fu condannato a perdere la testa ed i beni. La sentenza non ebbe effetto perché egli fu assolto; ma fu causa a gravi quistioni sulla sussistenza della pronunciata confisca, perché i monaci pretendevano che la grazia concessa al reo non dovesse privarli di un diritto che avevano acquistato dal giorno in cui egli civilmente era morto, e non dovesse fruttare al condannato un secondo benefizio, oltre quello, grandissimo, della vita. Non furono tuttavia secondate da felice esito le loro pretese, eglino vennero bensì a transazione, ma con poco vantaggio del monastero.
                Altri dei Crivelli che si resero benemeriti di questo cenobio furono nel 1473 Giacomo e Luigi fratelli, indi verso la fine del secolo XVI Orazio e Curzio, figli l’uno legittimo, l’altro naturale di Pierfrancesco suddetto; non dovendosi tacere che Francesco re di Francia e duca di Milano concesse egli medesimo negli anni 1517, 1519 al chiostro di Nerviano molti privilegi ed esenzioni; e che già prima la duchessa Bona Visconti avevagli attribuito in data del 24 aprile 1471, e riconfermato nel 5 giugno 1476 il privilegio d’irrigare colle acque del fiume Olona i prati ad esso convento lasciati dal fondatore Ugolino Crivelli. Il che venne più ampiamente di poi confermato da Francesco II Sforza-Visconte, duca di Milano, con lettere patenti in data 30 agosto 1522.
                Il numero de’ monaci che abitavano anticamente il convento era di quattordici o sedici, secondo che portavano le rendite. Il capo col titolo di priore, sette od otto monaci-sacerdoti, non che alcuni dei così detti conversi o dedicati. Fu diminuito il numero da papa Innocenzo X, coll’opera del segretario Prospero Fagnano, e ridotto a quello di quattro, indi sei coristi e due conversi. Così fino all’abolizione avvenuta alla fine del secolo XVIII; quando un decreto della Repubblica che intitolavasi Cisalpina disciolse anche questa corporazione come tante altre, e mandò i monaci ad unirsi a quelli di san Vittore in Milano. Nel giorno diciotto ottobre 1798 abbandonavano l’antico cenobio il quale fu adattato ad usi profani e presto in gran parte cangiato dall’aspetto che aveva. La chiesa almeno, per la bella sua forma, pel sito principale del paese in cui sorgeva, per le memorie che richiamava, la chiesa almeno meritava conservazione. Ma il genio della novità e della distruzione, che pur troppo da qualche lustro fa mal governo di queste nostre contrade, e si sforza di farci dimenticare che cosa altri furono perché non si venga al confronto che cosa noi siamo, accennava diversamente. Chiusa al culto divino, fu volta ad indecenti usi, e presto in gran parte demolita. Oggi non ne rimane più che il prospetto.
                Degli ultimi cenobiti che soggiornarono niuno è più fra i viventi. Ma tuttora in Nerviano e ne’ vicini villaggi la loro memoria; colà restano persone che li conobbero, li amarono, li ebbero a consiglieri, ad amici. Vi resta pur ora chi ricevette da essi i conforti umani e di religione, piegò ginocchio ai sacri loro tribunali, si assise alle frugali loro mense, ci versò nel seno di questi buoni solitarii le lagrime del dolore o della consolazione. – Iddio li ha già rimunerati colla celeste corona!

Michele Caffi


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